HEALTH DESK 5 Giugno 2013

Un nuovo pancreas nel midollo osseo

Ricercatori del San Raffaele, per la prima volta al mondo, hanno impiantato cellule pancreatiche nel midollo delle ossa del bacino. E la tecnica funziona

Lo studio è stato condotto su quattro pazienti ed è stato pubblicato sulla rivista Diabetes.
Il punto di partenza è il trapianto di isole pancreatiche, la componente del pancreas responsabile della produzione di sostanze essenziali per la regolazione del metabolismo degli zuccheri, come l’insulina e il glucagone.
La procedura è stata finora impiegata nelle persone affette da diabete mellito di tipo 1 (quello giovanile), che non risponde alla normale terapia, e da diabete di tipo 3c. Quest’ultimo tipo di diabete colpisce i pazienti a cui viene asportato chirurgicamente il pancreas perché perdono le funzioni espletate dall’organo. Il diabete di tipo 3c è difficile da controllare anche con le più avanzate terapie insuliniche. Infatti, se nel diabete “classico” (tipo 1 o tipo 2) il danno è sostanzialmente limitato alla cellula che produce l’insulina (denominata cellula beta), nel diabete 3c vengono meno sia le cellule beta, sia tutte le altre cellule endocrine che risiedono nel pancreas (all’interno delle isole del Langerhans) e che producono altri ormoni altrettanto importanti per la regolazione dei livelli di zucchero nel sangue.
L’esperimento - Modificando la procedura che normalmente viene utilizzata per il trapianto di isole pancreatiche nel paziente diabetico di tipo 1, i ricercatori del San Raffaele hanno recuperato dal pancreas prelevato chirurgicamente le cellule responsabili della produzione di questi ormoni “ricostruendolo” nel midollo delle ossa dello stesso paziente, a livello del bacino.
Il tessuto endocrino, impiantato nel midollo di quattro pazienti, ha attecchito e funzionato – con un periodo di osservazione di quasi 3 anni – dimostrando per la prima volta al mondo che questa procedura è eseguibile, sicura ed efficace.
«L’approccio utilizzato in questi pazienti è innovativo e dimostra per la prima volta che è possibile per un tessuto non ematopoietico, e nella fattispecie endocrino, sopravvivere e funzionare in un ambiente molto particolare come quello del midollo osseo, dove normalmente vivono le cellule staminali del nostro corpo dedicate principalmente alla creazione del sangue. È un risultato straordinario e potrebbe aprire in generale scenari inaspettati nel campo della medicina rigenerativa», ha commentato Lorenzo Piemonti, responsabile del programma di trapianto di isole e dell’Unità della Biologia delle Beta Cellule al Diabetes Research Institute (DRI) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
«Normalmente, nella pratica clinica, fino ad oggi il midollo osseo è stato utilizzato per accogliere trapianti di cellule staminali ematopoietiche in pazienti con malattie come la leucemia. È straordinario vedere come in realtà questo ambiente sia in grado di accogliere anche altri tipi di tessuti», ha aggiunto Fabio Ciceri, responsabile Unità Ematologia e Programma Trapianto Cellule Staminali.
«La nostra speranza è che il microambiente del midollo osseo possa essere utilizzato anche nei pazienti con diabete di tipo 1 sottoposti a trapianto allogenico da donatore d’organo», ha concluso Piemonti. «Grazie a questa prima esperienza, abbiamo potuto iniziare uno studio clinico anche in questi pazienti e, presumibilmente, avremo i primi risultati a partire dal prossimo anno. In questo caso la situazione è più complessa poiché si deve tenere conto della reazione del sistema immunitario».

Un nuovo pancreas nel midollo osseo